Il parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è il terzo parco più grande d’Italia e si trova in gran parte in Abruzzo,arrivando anche in Lazio (in provincia di Rieti) e nelle Marche (in provincia di Ascoli Piceno). In questo caso l’utente Ulysses racconta la sua escursione di 9 ore nella parte ovest del parco,attraversando il Monte Ienca,il Piano di Camarda,il Morrone e la Sella Malecoste con un percorso ad anello che riporta al punto di partenza.
Si parte da Camporanero (1150 m) e si ritorna nello stesso punto. Il percorso dura circa 9 ore (soste comprese) per 17 km con dislivelli a volte importanti (si toccano i 2444m). Non c’è un periodo preciso in cui andare ma in caso di neve la difficoltà aumenta notevolmente. Non c’è molta segnaletica con pochi segni spesso anche sbiaditi.
Al livello stradale si accede al percorso lungo la SP 86 in direzione del Passo delle Capannelle, si lascia l’auto intorno al km 3 (parcheggio con cartelloni turistici). Si prosegue a piedi lungo la strada per un altro centinaio di metri e si prende l’evidente mulattiera che sale a destra, inoltrandosi nella pineta.
Escursione grandiosa, attentamente pianificata con il duplice scopo di percorrere un lungo tratto di cresta del versante Ovest del Gran Sasso e di effettuare un anello senza dover tornare al punto di partenza percorrendo la strada asfaltata.
La dorsale da percorrere appare come un’immensa muraglia che si erge a protezione delle montagne del GS; vederla dal basso mette una certa soggezione:
Lo Ienca visto dalla base di partenza:
Mentre si sale per l’evidente sterrata che conduce allo stazzo, si aprono magnifici panorami:
Si prosegue oltre lo stazzo su sentiero ben segnato che si inerpica sul crinale della dorsale, traversando vari canali e collegandosi alla sterrata che sale da San Pietro e conduce al Piano di Camarda.
Prima di arrivare al Pianoro, si prende a sinistra una traccia che sale il crinale Sud e conduce in breve tempo sul monte Ienca (2208 m).
Dalla sommità uno sguardo verso Est racchiude molti tra i giganti di questo settore montuoso:
Mentre dalla parte opposta si scorge la Laga, il lago di Campotosto e, in primo piano, il Morrone. Più in basso rosseggiano silenti i faggi della val Chiarino:
Un salto al Morrone è obbligato: scendendo per i pratoni dello Ienca si raggiunge abbastanza agevolmente questa cima secondaria che rappresenta un balcone d’eccezione sulla val Chiarino e da cui si apprezza una vista impressionante del monte Corvo:
Ora l’escursione assume i connotati da me preferiti: si cammina in altura, circondati da panorami maestosi in cui le prospettive mutano continuamente; la visibilità ottimale consente allo sguardo di spaziare e perdersi in ogni dettaglio che l’occhio riesce a distinguere.
Si guadagna la cresta che conduce al Camarda passando prima per il pianoro dove alcuni cavalli al pascolo placidi e tranquilli restano indifferenti al passaggio degli escursionisti:
Il percorso di cresta è una lunga cavalcata, sospesi tra cielo e terra. Tra vari saliscendi, roccette, traversi si guadagnano in successione le sommità di Pizzo di Camarda e cima di Iaccio di Vaduccio, giungendo infine alla sella delle Malecoste:
Dalla Sella (2229 m), l’ultima fatica (in salita) della giornata è quella necessaria per raggiungere la cima delle Malecoste, ”appena” 200 m più in alto.
Fatica ben ripagata, sia dalla diversa prospettiva delle vette circostanti già abbondantemente ammirate e fotografate, sia per la visione del camoscio che agile e veloce percorreva la cresta Nord delle Malecoste:
Una volta tornati alla Sella, l’intenzione era quella di seguire il cosiddetto ”sentiero Wojtila” che, travesrsando il prato Mascepà avrebbe portato al punto di partenza.
In realtà tale sentiero si perde molto facilmente, quindi la discesa alla macchina è stata fatta a vista, con il risultato di un dritto per dritto sugli scivolosi pratoni di oltre 1000 m di discesa che per le ginocchia rappresentano una buona sollecitazione.
A parte questa difficoltà sulla via del ritorno, questa escursione è stata per me motivo di grande soddisfazione e appagamento: sia perchè per gran parte è stata condotta sul filo di cresta, sia per i panorami straordinari a perdita d’occhio.
Insomma, un giro di ampio respiro, in cui sono riuscito a chiudere un anello meraviglioso (evitando così di ripercorrere la stessa via per due volte) valicando la muraglia da un lato e scendendo dall’altro.